Il mio ‘viaggio’ a Grottaglie – di Rachele M. Magro

//Il mio ‘viaggio’ a Grottaglie – di Rachele M. Magro

Il mio ‘viaggio’ a Grottaglie – di Rachele M. Magro

Avevo organizzato tutto per bene per il mio viaggio a Grottaglie. Per la prima volta lasciavo mio figlio e chiedevo un grande sacrificio a lui e forse più a me stessa in nome di un ideale e di un progetto che per anni ho sperato si concretizzasse.
Sono arrivata a Grottaglie con il mio bagaglio di esperienze sul campo nell’esercito a fianco di uomini e donne che nel 2004 credevano che il supporto famiglia fosse una delirante idea americana. Sono arrivata a Grottaglie e mi sono sentita a casa perchè guardavo le “army wife” e sentivo che trovavo un posto dove il mio lavoro e la mia esperienza venivano valorizzati e sostenuti.
Mi sono sentita a casa e questo era già rassicurante.
Ai seminari purtroppo, forse per problemi principalmente organizzativi, hanno partecipato poche famiglie, ma tutte con un gran bisogno di trovare un luogo dove essere riconosciute con i loro disagi, le loro perplessità, i loro sentimenti: paura, rabbia, amore.
Bisogno di ascolto: questa è la prima cosa che mi sono portata via.
Bisogno di comunicare, di avere accanto qualcuno che avesse la capacità di farsi contenitore di emozioni che fuori è meglio non esprimere, di rancori e rabbie che devono essere buttate via altrimenti dentro ti inasprisci. Rabbie e rancori che siano comprese ed accolte e non negate.
Ho trovato emozioni dirompenti, donne forti accanto a figli fragili, donne fragili accanto ad esperienze ambigue; uomini assenti fisicamente, ma costantemente presenti nelle menti e nei cuori. Li sentivo lì con noi e immaginavo quanto amore per il lavoro che svolgevano era passato negli animi e nei cuori delle donne che parlavano di loro.
Abbiamo parlato di tante cose, dal disturbo post traumatico alla formazione necessaria per l’helper, alla costruzione di confini che abbiano porte aperte affinchè mondo civile e mondo militare si possano incontrare e riconoscere, alla preparazione soprattutto psicologica delle famiglie alle missioni in teatri operativi.
Abbiamo parlato tanto ma soprattutto “siamo state”. Credo che al di là delle conoscenze e della formazione specifica e unica che un operatore civile deve avere in questo campo, deve anche e soprattutto “saper essere” e questo è un lavoro complesso e difficile che solo un lungo percorso personale ti aiuta ad assolvere al meglio.
Ho incontrato in colloqui privati le famiglie: ognuna di loro con la sua unicità, ognuna di loro con il suo disagio specifico, ognuna di loro speciale in quanto investita in un modo di vivere dove l’IO e il NOI nella coppia ha dei margini così strutturati che quando si incontrano hanno bisogno di tempi
speciali per ritrovarsi.
Ho incontrato donne che mi hanno regalato un sogno.
Ho incontrato un gruppo che ha la capacità di esistere sulla forza delle idee, che si alimenta delle potenzialità di ognuno per diventare qualcosa di più della somma delle sue parti.
Ho incontrato un Comandante che sa essere vicino ai suoi uomini e alle loro famiglie nel miglior modo che gli è possibile.
A tutti dico grazie per le valigie piene di nuove cose e nuovi vissuti che mi sono portata via, per avermi concesso di essere accanto ad ognuno di loro in un momento complesso della loro vita.
A tutti grazie per il coraggio, la forza e anche per la capacità di essere fragili nel momento del bisogno.

Rachele

By |2013-04-03T13:39:55+02:00Dicembre 5th, 2012|Categories: Articoli Staff AMD|Tags: , , , |0 Comments

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