Il ricongiungimento familiare nelle Forze Armate – di Erica Zoncheddu

//Il ricongiungimento familiare nelle Forze Armate – di Erica Zoncheddu

Il ricongiungimento familiare nelle Forze Armate – di Erica Zoncheddu

Oggi ci ritroviamo ad affrontare una grave problematica che colpisce le famiglie nelle quali il coniuge o convivente presta servizio all’interno delle Forze Armate e di Polizia, quale il ricongiungimento familiare dei militari al coniuge impiegato nel settore privato.

Quello che stiamo per trattare, è un argomento ‘blindato’, al quale spesso e volentieri le istituzioni restano apparentemente indifferenti, un tabù che evidentemente si ha tutto l’interesse a non divulgare e che si ha l’impressione venga trattato come un problema ‘di serie b’, vissuto da pochi sfortunati. Si tratta invece di un disagio comune che riguarda molte famiglie militari di tutta l’Italia, da nord a sud, senza alcuna distinzione.

Ci preme coinvolgere l’opinione pubblica affinché venga sensibilizzato l’intero sistema, civile e militare. Ancora non esiste una legge e neppure una circolare che preveda il ricongiungimento familiare al coniuge che lavora a tempo indeterminato nel privato e per i titolari di un’attività commerciale, se non per i Carabinieri che ne usufruiscono da alcuni anni grazie ad una loro regola interna. La domanda è d’obbligo, come mai le restanti Forze Armate non prevedono questa opportunità?

Con la crisi che investe il nostro Paese, è impensabile per il familiare civile lasciare un posto di lavoro stabile, che consente di poter contare su uno stipendio fisso di vitale importanza per il sostentamento dell’intera famiglia, ottenuto dopo molti sacrifici e che è stato fondamentale per l’acquisto di una casa tanto desiderata (con tanto di mutuo concesso grazie a due buste paga e che altrimenti sarebbe stato impensabile ottenere!!).

Se si considera un militare di truppa dell’EI con un salario di 1300 euro mensili, non è materialmente possibile per un coniuge e convivente impiegato nel privato, pensare di lasciare tutto per raggiungere i propri affetti. Dopo anni e anni i militari continuano a fare i pendolari e a macinare chilometri e chilometri per raggiungere le città in cui le proprie famiglie risiedono, per poter trascorrere tempo prezioso con le loro mogli, i mariti, i compagni e i figli. Tutto questo senza considerare le missioni, i servizi, le esercitazioni, i campi, le navigazioni e tutti i loro doveri che li portano lontani da casa per settimane, mesi.

Da non sottovalutare poi la totale mancanza di ‘quotidianità’ e i relativi disagi che ne conseguono e che si ripercuotono non solo sui familiari e in particolar modo sui figli, ma anche sul militare stesso che presta servizio in una regione situata a chilometri di distanza, senza possibilità di ricongiungersi al nucleo familiare. A lungo andare risulta complicato non poter vivere giorno per giorno con i propri affetti, condividere le gioie e i dolori che la vita riserva stando l’uno accanto all’altra, uniti solo da un telefono o da un p.c.. Ne consegue che la serenità familiare viene messa a dura, durissima prova.

Come evidenziano le testimonianze raccolte tra le famiglie militari che vivono sulla loro pelle questa difficile situazione ‘’ancora più incredibile è dover fare i genitori part time vedendo crescere i propri figli in fotografia. Ogni volta tornare a casa è una tragedia, bisogna ricominciare da capo, far capire al proprio bambino che anche tu fai parte della famiglia perché a causa della distanza ti riconosce a stento, e appena se ne rende conto, vede il papà sulla soglia di casa con la valigia in mano, pronto a partire per l’ennesima volta, lasciando la propria moglie sola, che dovrà fare anche da padre e dividersi tra il suo lavoro, la casa e il figlio/a, aspettando e sperando che il proprio compagno, magari dopo un mese, possa venire a trovare la sua famiglia. Non ci sono parole per descrivere la sofferenza che si prova.’’.

Si parla in questo caso di famiglie militari che vivono il pendolarismo da minimo 10 anni.

“Questa situazione logora il cuore e l’anima, ogni giorno di più. Ci si aggrappa alla speranza che le cose possano cambiare, che ci venga riconosciuto il diritto di essere una famiglia, di vivere accanto ai nostri cari, sotto lo stesso tetto, che i militari possano usufruire del cosiddetto ‘benessere’, che invece i poteri forti non sembrano mettere al primo posto.  E’ arrivato il momento di dire basta, è giunta l’ora di rialzarci. Come prevede la Costituzione Italiana, tutti abbiamo diritto alla famiglia e a vedere crescere insieme i nostri figli, abbiamo il dovere di educarli, di essere dei buoni genitori, aiutarli nei momenti del bisogno, ad oggi questo per un ‘militare pendolare’ è praticamente impossibile. La scelta di amare un militare non dev’essere una condanna ma un ‘onore.”


Al momento è presente una pagina Facebook “ricongiungimento familiare FF.AA per tutti” amministrata da Erica, autrice del presente articolo ed ideatrice di una petizione relativa alla problematica del ricongiungimento, che potete trovare e sottoscrivere al seguente link:

https://www.change.org/petitions/alle-istituzioni-ricongiungimento-familiare-delle-ff-aa-al-coniuge-lavoratore-nel-privato-2

Per rendere forte la petizione occorrono 10.000 firme entro un anno.

Vi invitiamo dunque a firmare la petizione anche qualora il problema non vi coinvolga in prima persona, affinchè anche queste famiglie possano essere tutelate come meritano e sia consentito loro di ritrovare la serenità perduta.

Dati gli obbiettivi che la nostra Associazione si pone, primo fra tutti fornire adeguato supporto alle famiglie dei militari italiani, riteniamo fondamentale dare voce ed attenzione a questo tipo di problematica e lavorare al fianco di Erica, di tutte le donne forti e determinate come lei e di tutte le famiglie coinvolte, affinchè si possa trovare una soluzione rapida, concreta e definitiva al problema.

Il primo passo è parlarne. Se lo desiderate, condividete con noi la vostra esperienza ed inviateci la vostra storia a info@www.laltrametadelladivisa.it . Ogni testimonianza sarà fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica e portare alla luce la vera complessità di una situazione che troppo spesso non trova la dovuta considerazione da parte delle istituzioni.

Grazie per il vostro prezioso contributo!

image_gallery

 

By |2013-07-18T10:29:43+02:00Luglio 18th, 2013|Categories: Articoli Staff AMD|Tags: , |9 Comments

About the Author:

9 Comments

  1. laura rocco 13/08/2013 at 19:26 - Reply

    Carissima Erica,
    sono moglie di militare da quasi un ventennio…quando si sposa un militare si sa che per diversi anni bisogna accettare il sacrificio associato alla posizione del militare. Io ho dovuto lasciare il lavoro fisso e cercarmi un lavoro ogni volta che mio marito veniva trasferito. A volte ho avuto fortuna, altre ho dovuto accettare quello che c'era cercando di rimanere nell'ambito della mia professione. E ho dovuto gestire famiglia e figli senza l'aiuto di mamme, zie, nonne….
    Ci sono famiglie in Italia che non hanno nemmeno uno stipendio su cui contare e penso che in questo momento gli sforzi del parlamento e del governo debbano concentrarsi per risolvere quelle situazioni. Per lo stesso motivo allora ogni lavoratore, indipendentemente dal settore di impiego, avrebbe diritto ad un lavoro vicino a casa. Nell'esercito, come in altri settori pubblici, se non erro, ci sono graduatorie, concorsi e opportunita' di riavvicinarsi a casa in caso di disponibilita' di posizioni ad una distanza piu' accettabile. I sacrifici davvero rendono ogni esperienza piu' bella e valida. Smettiamola di lamentarci per situazioni che sono comunque gestibili e non sono legate alla sopravvivenza. Ti auguro felicita' e serenita' per il tuo futuro.
    Laura

  2. erica zoncheddu 17/08/2013 at 11:16 - Reply

    Ciao Laura,

    la crisi che investe il nostro paese, non permette di lasciare un posto fisso e vivere da precaria o addirittura da disoccupata, come la maggior parte dei cittadini italiani.
    Lo Stato non deve fare discriminazioni tra pubblico impiego e privati. Ad oggi il ricongiungimento familiare viene riconosciuto solo ai militari che hanno un coniuge statale, perchè? Noi stiamo lottando per avere gli stessi diritti, tutti o nessuno.
    Trattandosi di trasferimenti gratuiti, non viene richiesto alcun onere finanziario alle casse dello Stato.
    Grazie per aver espresso la tua opinione, buona fortuna anche a te.
    Erica

  3. Mariella Altopiedi 26/08/2013 at 12:52 - Reply

    Ciao Erica
    sono moglie di un carabiniere, e lavoro in un ente pubblico, ma volevo denunciare che non è vero che hanno diritto al trsferimento.
    Mio marito ha fatto domanda e l'hanno negato.
    Non è tutto oro ciò che luccica anche loro hanno gli scheletri negli armadi.
    Anch'io sto lottando con tutta me stessa per avere il nostro diritto riconosciuto.
    Sono pronta a denunciare al mondo intero il diritto alla famiglia
    A presto

  4. Domenico 26/08/2013 at 14:16 - Reply

    E da tempo che seguo questa richiesta, il primo fra tutti ad affrontare la problematica, e stato il club uds al sito http://www.clubuds.com che seguo quotidianamente, speriamo che insieme ad altri riusciamo a trovare una soluzione….

  5. erica zoncheddu 26/08/2013 at 19:31 - Reply

    Ciao Mariella,

    essendo entrambi statali dovreste usufruire della L. n.266 del 1999. Se avete tutti i requisiti e vi negano il trasferimento, mi permetto di consigliarti d'intraprendere un'azione legale.
    Buona fortuna e tienici aggiornati.

    A presto, Erica

  6. erica zoncheddu 26/08/2013 at 19:35 - Reply

    Ciao Domenico,

    la petizione sul ricongiungimento familiare è collegata al disegno di legge presente sul sito http://www.clubuds.com del Dott. Filippone. Abbiamo bisogno si sensibilizzare l'opinione pubblica, di far conoscere ai militari che esiste una proposta di legge e servono 10.000 firme da portare in Parlamento per accellerare i tempi. Inivitiamo tutti a firmare.
    Grazie per la tua collaborazione.

    A presto, Erica

  7. gaetano 24/03/2014 at 17:46 - Reply

    Salve a tutti; sn un militare distante da mia moglie soltanto 1600 km circa.come tanti, mia moglie ha un rispettoso lavoro e abbiamo “fortunatamente”pure una casa di proprietà. Spero tanto, per me e i tanti miei colleghi; che si sblocchi qualcosa e ci diano la possibilità di vivere le nostre famiglie.

    • Deborah Croci 25/03/2014 at 12:03 - Reply

      Lo speriamo anche noi e continueremo ad occuparci dell’argomento e a lavorare perchè ciò avvenga al più presto.
      Sentiti saluti a Lei e famiglia.

  8. Cristel 21/04/2015 at 19:49 - Reply

    Il mio fidanzato è nell’esercito da tanti anni e lavoriamo distanti anche io nel pubblico. Purtroppo si lamenta che il pubblico è avvantaggiato rispetto al privato ma posso dirvi che non è vero. La legge tutela il ricongiungimento solo in caso di trasferimento d’autorità e non in caso di prima assegnazione. Purtroppo ormai con in nuovi requisiti per poter presentare domanda di trasferimento è diventato tutto impossibile: punteggio alto e 37 anni di età. L’unica norma che resta utile potrebbe essere congedo parentale ma temporaneo e incerto e soprattutto triste modo di aggirare l’ostacolo. Se conoscete esperienze di impiegati pubblici che hanno avuto il ricongiungimento fatemi sapere.
    Cristel

Leave A Comment

PROSSIMI EVENTI

Non ci sono eventi in arrivo al momento.

ARTICOLI RECENTI