Lettera aperta alle Istituzioni – di Rachele Magro

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Lettera aperta alle Istituzioni – di Rachele Magro2015-06-16T22:16:59+02:00

Gentile Ministro Pinotti,

sono qui per raccontare l’ennesima storia, forse dovrei dire l’ennesima sconfitta.

Dopo tanti anni di esperienza sul campo dovrei in qualche modo averci fatto l’abitudine a certe cose, ma sa Signora Ministro, in certe situazioni, quando si lavora con passione e volontà, non ci si fa mai l’abitudine.

Sono qui a parlare di quella che tutti chiamano area grigia. Cosa ci sarà di grigio?…mi sono sempre chiesta. Alla fine, col tempo, mi sono data una risposta chiara. E’ grigia perché sta in penombra, ogni tanto ritorna agli albori della cronaca, ma tutto sommato è facile, è comodo lasciarla là, in disparte, affinché possiamo in realtà attribuirle tutti i significati che vogliamo.

E’ più facile così non crede? Stare dietro alla matematica e parlare di numeri.

Il Senatore Cossiga, a suo tempo, parlava di “267 casi di DPTS nelle Forze Armate, di cui 3 casi riguardanti militari rientrati dai teatri operativi per esigenze sanitarie e trasferiti presso il Policlinico Militare «Celio» (struttura ROLE 4, ovvero livello nazionale della organizzazione sanitaria della NATO), nel periodo compreso da maggio 2005 ad agosto 2011”

Nell’ottobre 2013 il Sottosegretario Alfano modifica i numeri e ci risultano estrapolati dai ricoveri (post-sgombero da Teatro Operativo estero) presso il Celio solo 16 casi, di cui 2 nel 2008, 3 nel 2009, 1 nel 2010, 3 nel 2011 e 7 nel 2012; questi dati si riferiscono al periodo 2007 e primo trimestre 2013.

Già emerge qualche discrepanza ma lasciamo correre…qualcuno evidentemente non sa fare i conti.

Antonio Pappalardo, Generale in pensione e politico, militare e sindacalista italiano  in una sua relazione ha provato a dirvelo cito: “Prendiamo i dati sui suicidi: nel 2007, 18 suicidi, di cui 11 nell’Arma; nel 2008, 18 suicidi, di cui 14 nell’Arma; nel 2009, 22 suicidi, di cui 12 nell’Arma; nel 2010, 29 suicidi di cui 22 nell’Arma; nel 2011, 23 suicidi, di cui 15 nell’Arma. Nel quinquennio 2008-2012, 110 suicidi, di cui 74 nell’Arma (circa il 67%). Un dato impressionante.”

Lo stesso sottosegretario Alfano dichiara :“Devo osservare, tuttavia, che è possibile una sottostima del tasso di incidenza del Disturbo Post-Traumatico da Stress per due ragioni: mancata segnalazione; tendenza da parte del personale ad occultare/dissimulare il disturbo, al fine di evitare provvedimenti medico-legali.”

E qui Signora Ministro mi permetta di introdurre ciò che più mi sta a cuore.

Possiamo inventarci tutto, possiamo scegliere di dare dei numeri, usare tutte le calcolatrici che vogliamo e inventarci statistiche che riempiono fogli e non danno risposte, OPPURE possiamo scegliere di scovare una strada che faccia luce sugli uomini e sulle loro storie; possiamo semplicemente inserirli nel tunnel complesso delle valutazioni per poi concedergli il timbro “abile” o “non abile”, come se questo fosse sufficiente a cancellare anni di servizio, di dignitoso lavoro per noi e per la nostra Nazione, OPPURE  scegliere di aprir loro una porta .

Non è molto difficile trovare questa area grigia che non si riesce a comprendere o che si nasconde così bene  dietro i numeri o che, ancora meglio, preferiamo non vedere. Se mi posso permettere, posso dare qualche indicazione: basta scrivere su google “stato ansioso – depressivo” insieme a qualche altra parolina chiave e si aprirà un mondo.

Il mondo di tutti quegli uomini che adesso si chiedono se almeno gli spetterà un minimo di pensione per sopravvivere e legga, La prego,  le preoccupazioni e le paure di uomini che hanno servito il Paese che Lei è chiamata a rappresentare.


Mi preoccupo.

Da anni ormai sono al fianco di questi uomini e donne che scelgono di sopravvivere, cercando di alleviare i propri disagi, da soli e a proprie spese.

Perché è meglio tacere.

Conviene.

Altrimenti si viene stritolati dal sistema.

Oggi dico  BASTA perché è vero, ormai è diventata una missione per me, perché ogni carabiniere che ha preferito spararsi un colpo in testa piuttosto che accettare tale massacro, è un mio fratello, ogni uomo che viene annientato dal sistema è un mio compagno, chiunque scelga la strada non istituzionale è un mio amico.
Inizio a dire BASTA e vorrei lo facessero anche gli altri, perché sono stanca di vedere uomini masticati e sputati lontano dal tritacarne istituzionale. 

La chiamiamo AREA GRIGIA.

Ma facciamola finita, la prego!  Diciamo buco nero perché dentro non vogliamo vedere.

Tempo fa chiesi a uno di questi valorosi uomini di aiutarmi nel parlarne alla gente con un articolo scritto da una giornalista di grande livello ed umanità, un articolo-denuncia. Mi rispose: “sono convinto che raccontare la mia storia potrebbe aiutare in futuro altri colleghi ma soprattutto i familiari delle persone coinvolte…Sono convinto che non tutti i vertici siano sordi a queste problematiche ed è per questo che non vorrei fare un danno all’Istituzione, che mi ha dato tanto, generalizzando attraverso le parole scritte da un giornalista e non da me. Per questo rifiuto”.

Ecco il loro rispetto dignitoso per le Istituzioni e il Paese, l’attaccamento alla divisa!

Nonostante tutto.

Nonostante tutti.


E allora smettiamola di dirci cosa non siamo, “non siamo americani”, e cosa non facciamo “non facciamo la guerra”, e iniziamo a chiederci CHI SIAMO e DOVE vogliamo andare! Iniziamo a guardare questo mondo come una realtà da accogliere e non da ripudiare: tutti loro sono nostri fratelli!


Sono stanca di vedere uomini utilizzati come capro espiatorio per la tutela di realtà che non devono essere toccate. 

Devono essere uomini equilibrati dal punto di vista psicofisico?

Allora diamoglielo noi questo equilibrio, difendiamolo e costruiamolo!


E se qualcuno vuole sapere cosa non funziona mi permetto di dare qualche suggerimento: tutto ciò deve essere fatto non per difendere ciò che non è scritto sulla costituzione, o i nostri interessi politici (che sono sempre più di pochi) ma i nostri uomini. Hanno giurato fedeltà a questa Repubblica, e questa, come una madre, dovrebbe prendersene cura nel momento del bisogno .


È un calcolo matematico alla fine, quello che scelgono di fare anche coloro che “occultano/dissimulano” il disturbo, in fondo glielo stiamo insegnando noi:   – istituzione + famiglia . Perché la famiglia è quella che ti accoglie a casa quando sei ferito e ti cura, quella che rimane ad aspettare il tuo ritorno e non ti sostituisce, perché è quella che ti ha scelto con e senza divisa, perché è quella che ha bisogno del tuo stipendio alla fine del mese.  E allora alla fine in questo gioco delle tre carte, dovendo scegliere tra costi e benefici, l’uomo tutela la sua famiglia, perché l’istituzione è pronta a marchiarti come una mela bacata:
“Non servi più .. Vai a casa”.


Quando ero giovane, quando ho iniziato 10 anni fa ad inoltrarmi in questo campo, avevo l’entusiasmo di chi pensava di cambiare il mondo. Poi ho capito che erano solo velleità da idealista e che se il mondo non comprendeva, bisognava adoperarsi per crearne uno ad hoc, che potesse contenere ciò che non si voleva vedere.

E mi dispiace doverlo ammettere.

Ci sono però alcuni istanti di follia, quando ascolto questi uomini spaventati di perdere divisa e dignità, e donne preoccupate per i mariti e per il loro futuro, che provo a sbattere i pugni come sto facendo adesso.

Perché c’è solo una strada: creare un movimento, che urli a gran voce ciò che serve, non dietro a delle scrivanie ma per strada, dall’interno delle volanti fino ai defender,  non da chi lo fa dietro alla bandiera, ma da chi la bandiera ce l’ha cucita addosso.

ADESSO BASTA !

E mi scusi già la precedo… Non mi venga a parlare dei consultori militari… Lungi da me la critica nei confronti di colleghi stimatissimi e professionali …

Perché  gli uomini e le donne di cui stiamo parlando non ci arrivano neanche ai consultori e, se ci arrivano, già sono stati ingurgitati dal sistema valutativo e giudicante e sono già in bilico, nel  disperato tentativo di salvare il salvabile.


Se Lei non fosse il Ministro Pinotti, ma fosse la Signora Vania Girone o la figlia di Casagrande o la signora Anna Rita Lo Mastro che cosa vorrebbe per i suoi cari dopo tutto ciò che già hanno sacrificato per il loro Paese? Se lei non fosse il Ministro Pinotti ma fosse soltanto la moglie o la figlia o la madre di uno degli uomini che hanno dedicato la vita alla divisa e di cui oggi non si conosce né nome né storia, perché è meglio tacere, uomini che provano un disagio emotivo e psicologico, al quale non si può dare definizione, ma che tanti problemi determina quotidianamente, che direbbe? 


Io non indosso una divisa, non sono docente universitaria, lavoro per una Associazione che non ha fini di lucro, per vivere faccio altre centinaia di cose. Sono una che sta sul campo e traggo soddisfazione dall’esperienza quotidiana, dall’offrire supporto a questi disagi, dall’aiutare qualcuno a ritrovare il sorriso e nuove ragioni per continuare il suo dignitoso lavoro. 

Ho capito che non posso percorrere questa strada da sola e sto lavorando per creare una rete di persone che vogliono lottare con me per dare attenzione e importanza a questa area grigia, riportarla alla luce e ridarle la dignità e il rispetto che  merita.


Ho  un’idea di come si possano cambiare le cose: basterebbe aprire gli occhi su cosa c’è fuori e chiedersi cosa sta accadendo, senza veli che oscurano la vista, senza preconcetti, senza scuse. 

Chinarsi su questi uomini e queste donne e chieder loro cosa gli serve.

Abbiamo aspettato abbastanza.

E’ ora di fare qualcosa: ADESSO!

Stop The Nightmares

Rachele Magro

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