Famiglia forte, Soldato forte: solo uno “Slogan”? – di Maria Chiara Santoro

//Famiglia forte, Soldato forte: solo uno “Slogan”? – di Maria Chiara Santoro

Famiglia forte, Soldato forte: solo uno “Slogan”? – di Maria Chiara Santoro

Massimo ogni mattina alla 5 si alza in silenzio, con circospezione attento a non svegliare nessuno, moglie, figli, cani e criceti. Prende il treno con regolarità per raggiungere la nuova sede di servizio, a poco meno di 100 km da dove vive abitualmente con la sua famiglia. Passa la sua giornata in ufficio più o meno preso dalle mille problematiche che ricadono nelle sue competenze. Il pomeriggio tardi si ripresenta in stazione ed aspetta quel treno che a sera inoltrata lo riporterà a casa. E cosi, cinque giorni su sette, 365 giorni all’anno, di duecento chilometri in duecento.

Amedeo ha scelto invece di non alzarsi più alle cinque di mattina, stà male e continua a stare male. Il suo è un disagio profondo, intimo. Non capisce perché lui, proprio lui, debba essere costretto a rompere le delicate armonie di una giovane famiglia, costretto dall’Amministrazione militare che ha deciso che lui serve a 60 Km di distanza, in un altro Ente. Non comprende perché, visto che proprio nella stessa Caserma che ora lo ospita alcuni dei reparti hanno bisogno del suo expertise, c’è la cosiddetta vacanza organica. Lo ha fatto presente, prima educatamente, poi con decisione, gridato e scritto, Ma niente e nessuno lo ha saputo o voluto ascoltare. Allora ha scelto di non alzarsi più la mattina presto, aspetta che qualcosa accada, non importa quando, dove e come. L’importante è che accada.

Savino si sente tradito. Il suo reparto chiude. E’ il processo di riorganizzazione della Forza Armata. Non è lui che lo ha deciso, sono gli altri, i Vertici, per inderogabili esigenze di funzionalità ed efficienza. Più agili e snelli, più efficienti e capaci. Poche risorse, meno uomini, meglio impiegati e razionalizzati. Allora perché il Dipartimento ti obbliga a fare domanda per sedi preordinate? Perché non puoi essere reimpiegato dove sarebbe più facile, per la tua famiglia, un reinserimento in un tessuto sociale più compatibile con le tue radici? Non ha chiesto lui di andare via, qui stava bene, aveva casa e uno stile di vita decoroso. Perché ora deve chiedere di andarsene? Non è lui che lo ha deciso!

Non lui, nè la sua famiglia.

Il 28 marzo 2014 Lo Stato Maggiore dell’Esercito pubblica a firma del Capo Dipartimento uno Studio dal titolo tanto impegnativo quanto banale “Impiego del Personale Militare”. Colpisce però il sottotitolo, estremamente coraggioso “L’impiego del Personale Militare e le esigenze Famigliari”. E’ una decisa sterzata nella politica d’Impiego del Personale, ideologica ancor prima che concettuale. Cosi almeno sembra. Sicuramente epocale per portata ed effetti che potenzialmente potrebbe provocare nel medio e lungo termine. Una dichiarazione di principio fondamentale, finalmente al passo con i tempi.

L’Uomo al centro dell’Istituzione militare, risorsa pregiata,unica ed insostituibile. Non più elemento anafettivo, privo delle più banali e spontanee componenti emotive ed umane. Piuttosto, ed è questo il vero elemento di novità, sistema integrato e complesso, binomio imprescindibile soldato – famiglia. Un’affermazione dal valore universale, dogmatico. Si stigmatizza una realtà peculiare per quello che è sempre stata e, a maggior ragione, dovrà essere d’ora in poi.

La Forza Armata fa outing, tratteggia senza pudori la figura del soldato ideale, perno di una Istituzione che vorrebbe poter plasmare a sua immagine e somiglianza, consapevole delle esigenze e requisiti essenziali che questo implica. Stereotipo che vorrebbe riscontrare in ogni singolo componente, uomo o donna, ufficiale, sottufficiale o volontario, della organizzazione. Professionista razionale, poliedrico e capace, inserito in “un contesto familiare sereno e armonioso”, coerente con una “scelta di vita” esclusiva e dedicata.

E’ un’affermazione strategica, forte, moderna, ma allo stesso antica, quindi eterna come lo sono i valori etici e morali cui si ispira.

Certamente un forte impegno programmatico che vede in prima linea il Vertice di Forza Armata, fissando linee guida, responsabilità ed indirizzi determinanti per una gestione del Personale manageriale moderna. Obbiettivo: valorizzare la sua principale (unica) risorsa, non certo a mortificarla.

Eppure, addentrandosi nei contenuti del predetto studio, si avverte che questa spinta ideologica ed innovatrice và progressivamente scemando, catturata ed imbrigliata com’è dal complesso mondo dei tecnicismi procedurali e dalle articolazione giuridiche – normative vigenti, cui la stessa Istituzione si scopre incapace di rinunciare. Strumenti di una burocrazia del non fare piuttosto che efficaci demoltiplicatori e capillari utensili chirurgici nelle mani capaci e sapienti dei Comandanti a tutti i livelli.

Svanisce la componente ideale ed etico morale, progressivamente inaridita da quanto direttive e norme consolidate non sono stati capaci di realizzare, ma che certamente hanno contribuito a complicare e selezionare.

Concetti come autonomia, responsabilità, decentralizzazione e razionalizzazione, ottimizzazione e valorizzazione, vengono bruciati ancor prima di essere proposti e confutati.

Anzi, si riafferma la prerogativa esclusiva del Vertice di Forza Armata.

Il binomio militare e famiglia dunque implode su se stesso, ancor prima di essere testato ed implementato. La famiglia, da possibile fattore qualificante, potenziale risorsa aggiuntiva del binomio personale – famiglia militare, diventa invece solo coefficiente decrementale. Come tale, penalizzante e discriminante.

Massimo, Amedeo, Savino sono solo alcuni esempi, alcuni fra tanti che è possibile ricordare come realtà quotidiane. Testimonianze della enorme distanza che ancora rimane fra quanto espresso nello Studio citato e la gestione effettiva del Personale.

Rimane solo dunque un mero esercizio normativo-dottrinale? Espressione dell’inadeguatezza di Vertici miopi e disattenti, responsabilmente consapevoli?

Oppure auspicalmente vogliamo invece coglierne l’originalità intrinseca e le opportunità che ci offre facendoci paladini e promotori di cambiamenti profondi ed articolati? Dobbiamo però essere consapevoli che in tal modo diventiamo ambasciatori d’interessi istituzionali, rifuggendo, di contro, per intima convinzione da qualsiasi remota forma d’interesse personale e/o privato.

Diversamente, Massimo, Amedeo Savino piuttosto che Carlo, Giulia, Federico, continueranno a sopravvivere, reagendo alle singole peculiari situazioni per spirito di conservazione ed istinto di sopravvivenza, alimentando mortificazione, malessere e frustrazione .

E con loro le rispettive Famiglie, vittime predestinate ma incolpevoli di un’Istituzione inadeguata e timorosa, incapace di recitare il ruolo che le compete, all’altezza del patrimonio umano affidatogli, in contro tendenza con il Motto “Famiglia Forte , Soldato Forte”.

Sempre più “Slogan” ma niente di più.

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By |2014-12-13T11:37:16+01:00Dicembre 13th, 2014|Categories: Articoli Staff AMD|Tags: , , , , |4 Comments

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4 Comments

  1. Sara 13/12/2014 at 14:03 - Reply

    Quando leggo queste parole le mie labbra si piegano di un riso amaro , fatto di disillusione di amarezza. Sono ormai diciotto anni che seguo il mio soldato prima come fidanzata poi come moglie e ora come mamma dei suoi figli. In tutto questo tempo quante speranze infrante tra promesse di trasferimenti svecchiamenti nuove destinazioni dopo concorsi.E invece sempre sempre più lontano da casa. Ora dopo otto anni in Friuli partiti dal nostro caro Abruzzo, siamo una famiglia forte solo grazie alle nostre risorse personali ed umane. Possiamo dire grazie solo a noi stessi . Per la forza armata figli e mogli restano un peso un problema . Niente cambia negli anni solo parole ed inutili promesse.

    • Deborah Croci 15/12/2014 at 11:10 - Reply

      Purtroppo è l’amara verità. Ecco perchè è nata l’Altra metà della Divisa, che faticosamente e, tanto per cambiare con le sue proprie e uniche forze, cerca di impegnarsi per colmare questo vergognoso gap in cui le nostre famiglie vengono lasciate. Perchè se le cose stanno così, è anche responsabilità nostra, che ali fiumi di parole e millantate promesse, rispondiamo il più delle volte con lamentele o, ancor peggio, con mutua rassegnazione, dettata forse anche dal timore di avere ‘ritorsioni’, qualora alzassimo la testa per dire la nostra.. Dobbiamo renderci conto che le nostre famiglie sono risorse fondamentali per l’Istituzione! Dobbiamo acquisire la consapevolezza dell’immenso ‘potere’ che abbiamo sulla condizione delle nostre famiglie! Se solo facessimo sentire la nostra voce, unendoci in un unico coro, mettendoci in gioco in prima persona per far cambiare le cose….ecco…solo così, come recita il nostro slogan, potremmo fare la differenza! Un caro abbraccio – Maria Chiara

  2. Mariantonietta 15/12/2014 at 19:17 - Reply

    E tutto vero, le parole scritte descrivono in modo chiaro la realtà dei fatti.
    Io e da poco che vi seguo, ne ho sentito parlare tramite il sito clubuds.com, il quale sta lottando, con il Presidente Dott.re Filippone, per cercare di far riconoscere il diritto al ricongiungimento famigliare, da poco a finito di scrivere un libro, speriamo che si riesca a pubblicarlo così che tutti sappiano quanto soffriamo per la distanza con i nostri cari.

  3. Presidente UDS 29/04/2015 at 20:07 - Reply

    Salve, sono il Presidente del ClubUDS, si è vero sto lottando contro questi burocrati che dall’alto delle loro poltrone pensano di avere sempre ragione. Sono riuscito a terminare e pubblicare il libro DIRITTI NEGATI, da poco ho incontrato il Presidente liberadestra Gianfranco Fini, con il quale abbiamo avuto un lungo colloquiò incentrato sul diritto al ricongiungimento familiare. Lo stesso ha preso impegni concreti pubblici nel perseguire il dramma che viviamo quotidianamente. Quello che oggi vi chiedo un piccolo sostegno, visitate la nostra pagina facebook Clubuds e mettete un semplice mi piace, questo mi da più potere contrattuale per far pesare i nostri diritti troppe volte calpestati. Buon lavoro a tutti. Grazie.

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